Trenta anni fa il calcio italiano ebbe un invisibile spostamento sul proprio asse. Eppure, come nella vita accade spesso, quel 28 marzo 1993, in realtà, nessuno se ne accorse. D’altronde, a chi poteva interessare davvero che un ragazzino della Primavera della Roma, causa infortunio dell’ultim’ora di Hassler, era stato aggregato alla prima squadra in trasferta a Brescia, per poi esordire a partita virtualmente vinta? Certo, aveva appena 16 anni e la curiosità, in ogni caso, era da segnalare. Ma Francesco Totti s’impossessò di quelle poche righe su giornali per cominciare a scrivere pagine nuove nella storia del pallone del Bel Paese, che grazie a lui – in un quarto di secolo di magie – scoprì un nuovo prototipo di giocatore destinato ad avere tutto: la potenza, la classe, la capacità di servire e assist e – alla fine – anche l’abilità del goleador. Basterebbe questo per costruire un mito sportivo, ma quello che presto sarebbe diventato il capitano per antonomasia della Roma è stato così grande da finire per travalicare i confini del calcio, approdando nelle zone perigliose del costume e del gossip, come le ultime vicende legate alla sua separazione da Ilary Blasi stanno malinconicamente a dimostrare.

GRAZIE BOSKOV 

Il racconto di Francesco sul suo esordio ha sempre avuto il piglio di un tempo che fu. Di un calcio diverso, di gerarchie precise e ambizioni a misura d’uomo. A partire dalla convocazione. “Il sabato stavo giocando con la Primavera contro l’Ascoli, ma dopo aver fatto due gol nel primo tempo sono stato fatto uscire di corsa perché dovevo partire con la prima squadra. Vado in panchina, ovvio. La Roma sta vincendo facile quando verso fine partita Boskov, sollecitato da Mihajlovic, si volta verso la panchina e dice: 'Vai, scaldati che entri subito'. Io non mi muovo perché pensavo che si fosse rivolto a Muzzi, ma Roberto mi scuote: 'Guarda che sta parlando con te, muoviti, altrimenti la partita finisce'. Io non capisco più niente, fatico a sfilarmi la tuta ed entro per Rizzitelli all’87’. Faccio in tempo a toccare un pallone, lo porto alla bandierina per guadagnare secondi. Poi l’arbitro Boggi fischia la fine e mi rendo conto di aver fatto l’esordio in Serie A”. Proprio vero. La partita non sarebbe passata alle cronache per un dimenticabile successo per 0-2, bensì per la ribalta presa quasi per caso da un sedicenne che stava per iniziare a riscrivere tutte le gerarchie del calcio italiano.

25 ANNI DOPO 

Quasi venticinque anni più tardi, il 28 maggio 2017, Totti lascerà il calcio dopo aver segnato 307 gol in 786 partite giocate tutte nella Roma, a cui aggiungerà 58 match e 9 reti in Nazionale. Chiuderà in lacrime, pensando a quel solo scudetto vinto, a cui ha affiancato due Coppe Italia e due Supercoppe Italiane, consolandosi – crediamo abbondantemente - con un campionato del Mondo che nessuno dimenticherà mai. Per questo, trent’anni più tardi, ricordare quel 28 marzo 1993 sembra quasi doveroso per chi ha il calcio nel cuore. Ma occhio agli effetti collaterali. Si potrebbe anche morire di nostalgia.