Speriamo che stavolta i Friedkin, grandi imprenditori nel settore automotive, cinematografico e del lusso, abbiamo imparato, dopo cinque anni, dai propri errori ma soprattutto dalla storia recente del club.
Bastava informarsi sulla storia tutta della Roma per capire tante cose cicliche che accadono qui e forse evitare grossolani errori.
Per esempio, se il duo padre-figlio californiano ma con domicilio in Texas, avesse studiato la storia del club poi comprato, avrebbe saputo che qui per vincere serve un solo tipo di allenatore: il sergente di ferro con le palle quadrate che non le manda a dire.
Da Liedholm a Mourinho, passando per Capello e il primo Spalletti fino a Ranieri, qui funziona l’allenatore esperto, canuto e bianco, che riesce subito a capire le esigenze della piazza ma allo stesso tempo scardinare il sistema di protezione e giustificazione verso il lassismo che spesso ha albergato e alberga a Trigoria. Uno capace o di diventare l’idolo dei tifosi o di gestire con impeccabile comunicazione la stampa e tutto ciò che ruota intorno alla Roma.
Con Mourinho si è vinto un trofeo dopo quattordici anni di digiuno, e sessantadue dall’ultima vittoria Europea. L’anno successivo una finale rubata a Budapest che fosse andata nel verso giusto avrebbe scritto una diversa storia recente del club.
Ora Ranieri, diciannove risultati utili consecutivi e un gruppo redivivo che rema dalla stessa parte e che a tre giornate dalla fine è in piena corsa per la Champions Legue. Oggi La Roma è più vicina alla Champions di quanto fosse vicina alla B all’arrivo di Mister Claudio.
Speriamo che… i Friedkin, nonostante non mangino pane e calcio dalla nascita come molti di noi, abbiano capito che le idee rivoluzionarie e passionali da colossal americano nel cinico calcio nostrano sono destinate a fallire miseramente, e che i procuratori, per quanto amici, pensano prima ai loro interessi e a piazzare i loro assistiti che alla Roma.