Dalla vittoria al silenzio: Bove, le lacrime (anche nostre) e l’abbraccio della Curva Sud

bove curva sud

Finisce Roma-Fiorentina, siamo in diretta e siamo esaltati. Ennesimo uno a zero, diciannove risultati utili consecutivi: è un momento di gioia per le prospettive, insperate, che questa squadra e questo allenatore ci stanno regalando. Il commento è ovviamente in linea con lo stato d’animo fin quando… fin quando non succede qualcosa di terribilmente Romanista e allo stesso tempo estremamente toccante. Un occhio allo schermo che fino a pochi attimi prima ci ha raccontato le gesta di Svilar, il gol di rapina di Dovbyk e sprofondiamo nella malinconia.

Fermi tutti. C’è Edo Bove che con fare timido, quasi si schernisse di qualcosa di cui non ha colpe, sta andando sotto la Curva Sud.

Per un attimo si ferma tutto, perché quello che è successo a Bove, quel terrore e quella sensazione di smarrimento negli interminabili minuti in cui tutto era sospeso tra la terra ed il cielo, è qualcosa che è rimasto sottopelle a ogni tifoso giallorosso. E non è ancora passato. Nel volto di tutti noi, tra regia e chi sta davanti al microfono, per non parlare di chi sta allo stadio a raccontare la partita, scende un velo di tristezza che ben presto si trasforma in commozione. Lo stadio intona il suo nome, la squadra si ferma poco dietro di lui, per lasciargli il proscenio, per non “inquinare” un momento che è solo e unicamente tra lui e i suoi tifosi.

Quelli tra i quali è cresciuto, quelli per cui, sin da bambino, ha lottato con la 52 sulle spalle, maglia che in molti allo stadio si levano di dosso e innalzano a vessillo per celebrarlo. Nella vittoria, nell’aver minato ancora di più la classifica verso l’alto, c’è il tributo a chi probabilmente non se ne sarebbe mai andato e che non ha mai nascosto di non aver mai avuto voglia di andarsene. Eppure in quel pianto di un ragazzo sfortunato, speriamo ancora per poco, non c’è gioia e non c’è riconoscenza, tutt’al più frustrazione e chissà, forse anche disperazione. Edo piange, solo lui sa cosa sta passando. Va a stringere le mani di chi lo sta celebrando e incoraggiando con cori e striscioni. Ora il pianto è quasi dirotto.

Spero ci scuserà se non abbiamo avuto l’abilità di raccontare quello che stava accadendo con la dovuta lucidità, pur facendo delle parole il nostro lavoro. Sappiamo già che, da ragazzo meraviglioso quale è, sorriderà pensando che anche la nostra era la voce rotta di chi, prima di essere speaker è soprattutto tifoso. La Roma ha vinto, tra poco ne parleremo ma non adesso. A stento tratteniamo le lacrime, figlie di quella percezione di profondo dolore che prova un ragazzo a cui la natura ha negato di fare quello che ama in maniera così viscerale.

Vincenzo ci fa segno dall’altra parte del vetro che è momento di andare in pausa: per fortuna, perché non saremmo durati altri 30 secondi. Ritorniamo dopo il break, ci riprendiamo e respiriamo un po’ caro Edo: speriamo che anche tu, prima possibile, possa fare lo stesso.

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