Domenica sera, l’Olimpico potrebbe salutare non solo Claudio Ranieri, ma anche un altro volto familiare della Roma degli ultimi anni: Bryan Cristante. Arrivato nella Capitale dall’Atalanta per una cifra importante, ha impiegato poco tempo per farsi apprezzare. Non per colpi di genio o giocate spettacolari, ma per una qualità sempre più rara nel calcio di oggi: la dedizione totale al lavoro.
Cristante è arrivato come trequartista, ma nel corso delle stagioni ha ricoperto praticamente ogni ruolo del centrocampo, adattandosi persino a fare il difensore centrale sotto la gestione Fonseca. Non ha il tocco vellutato di Emerson né la forza dirompente di Nainggolan, ma ha sempre onorato la maglia con serietà e spirito di sacrificio. Doti che, un tempo, il pubblico romanista sapeva riconoscere e applaudire.
Oggi Bryan conta quasi 300 presenze con la maglia della Roma. Un numero che parla da solo. Mai una polemica, mai un comportamento fuori dalle righe: solo silenzio e lavoro. Ogni estate viene dato in partenza, mai inserito tra i titolari nelle formazioni iniziali. Eppure, a fine stagione, è sempre lì: tra i più presenti per minuti giocati. Una certezza silenziosa, spesso poco celebrata.
In questi giorni si parla con insistenza di un interesse concreto da parte del Como, e il ciclo di Cristante a Roma potrebbe concludersi questa estate. C’è chi lo vedrà come un addio necessario. Ma ci sarà anche chi, in Bryan, ha saputo vedere l’uomo prima del calciatore. E in caso di partenza, non potrà che salutarlo con affetto e riconoscenza.
Perché, in fondo, ogni squadra ha bisogno di un “soldato” silenzioso. E Cristante, per la Roma, è stato proprio questo.