Vincenzo Alberto Annese, commissario tecnico dell’Afghanistan, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Tele Radio Stereo. Queste le sue parole:
Una carriera da calciatore che si è interrotta abbastanza presto per alcuni infortuni. E poi è iniziata un’incredibile storia come allenatore. Cosa le è successo mister?
“Intanto prima di cominciare volevo dire grazie a Silvio Crisari, il commissario tecnico della nazionale del futsal che mi ha messo lui in contatto direttamente con voi io stando all’estero non conosco le dinamiche radio in italia e lui invece ha fatto la tramite. Per quanto riguarda me ho incominciato nella mia cittadina, Molfetta, e da lì sono stato preso in un provino nel Venezia Calcio. A Venezia ho fatto allievi nazionali primavera, che sarebbero le fasce di 16-17 anni, e lì ho incominciato ad avere dei seri infortuni più che altro muscolari, perché avevo un problema tra actina e miosina sul muscolo, e ogni volta davvero riuscivo a star poco in campo e molto fuori dal campo. Poi da lì ho fatto Martina Franca, Beretti e prima squadra, Noicattaro in interregionale, Martina in Serie C, Noicattaro interregionale, Altamura interregionale nella regione Puglia.
E poi sono ritornato in casa, a Molfetta, più o meno a 22 anni: ho spesso di giocare. Una carriera abbastanza, turbata da questi infortuni, ma sono anche soddisfatto perché ho sognato in grande con il passaggio tra Molfetta, una cittadina piccola a Venezia, dove Venezia militava in Serie A, erano gli anni 2000, quindi c’erano Recoba, Bettarini e Iachini come allenatore. Ero un centrocampista abbastanza aggressivo, tatticamente disciplinato, però va bene così. Poi all’età comunque di 22 anni studiando scienze motorie mi sono avvicinato a studiare sempre di più i miei infortuni a prevenirli, ho fatto la vecchia ISEF e mi sono laureato, specializzato e ho cominciato la mia carriera più che altro a lavorare come preparatore atletico. Prima nel Molfetta, poi mi sono spostato più in grande in Serie C ad Andria, dove sono stato tre anni, poi a Foggia con Padalino, ho fatto anche lì il preparatore atletico, studiando a Coverciano e così da lì poi un giorno all’età più o meno di 27-28 anni ho deciso di intraprendere la carriera di allenatore“.
Aveva già immaginato di voler girare il mondo come allenatore oppure è una cosa che pian piano è venuta un po’ da sé?
“Onestamente io ho sempre fatto il capitano, quindi un ruolo da responsabile da quando ero piccolo e comunque come lo interpretavo io, come leader e ho sempre gestito al meglio la mia squadra. Da piccolo comunque sentivo già il fatto di essere un allenatore in campo, poi pensare di allenare, di girare tante nazioni in questi 12 anni, era un po’ improponibile anche perché ne ho girate davvero tante, però è avvenuto tutto così spontaneamente, cercando sempre di migliorarmi e di girare comunque parecchie nazioni, cercando di fare anche risultati. Ovviamente chi fa calcio deve portare a casa anche risultati“.
Come nacque la primissima avventura all’estero, del 2014 in Lettonia se non sbaglio?
“Io ho incominciato la mia carriera ad Alitus, una squadra di Lituania, dove c’era il presidente Leccese Greco, che comunque lui aveva un altro allenatore italiano. Ho incominciato anche lì a fare l’assistente, ma per un periodo brevissimo, e poi da lì mi sono spostato in Lettonia. In Italia, devo essere sincero, non avendo comunque, un nome grande da giocatore, è difficile poter emergere come allenatore, dovresti sempre partire delle categorie inferior. Esistono i casi però sono uno su centomila, forse, mi viene da dire forse. Volevo comunque allenare in qualche squadra professionistica quindi ho pensato proprio di andarmene, fuori dall’Italia“.




