Nel calcio moderno, certi legami tra club non sorprendono più nessuno. È sempre più frequente vedere squadre collaborare stabilmente tra loro, scambiandosi calciatori, idee e strategie. E spesso, alla base di tutto, c’è un unico fondo di investimento o una proprietà comune.
Prendiamo ad esempio uno dei casi più noti: il City Football Group. Il presidente del Manchester City, Khaldoon Al Mubarak, non possiede direttamente tutte le squadre coinvolte, ma è amministratore delegato di un gruppo che controlla più di 10 club nel mondo.
📌 Tra questi c’è il Girona, da cui il City ha prelevato recentemente l’esterno Savinho per 25 milioni di euro. Un acquisto “in casa”, esattamente come successo in passato con vari giocatori cresciuti in squadre satellite.
Il modello Red Bull: Lipsia & Salisburgo
Un altro esempio evidente è la galassia Red Bull, che da anni muove giocatori tra le sue squadre in Austria (Salzburg) e Germania (Leipzig). I numeri parlano chiaro:
Dal 2012 al 2023, almeno 20 giocatori sono passati da Salisburgo a Lipsia, per un totale di 177 milioni di euro investiti. Alcuni nomi?
• Naby Keïta (2016, 29.8 M€)
• Dayot Upamecano (2017, 18.5 M€)
• Konrad Laimer (2017, 7 M€)
• Dominik Szoboszlai (2020, 22 M€ → poi rivenduto a 70 M€)
• Benjamin Šeško (2023, 24 M€)
Il meccanismo è semplice: si scopre, si cresce e si valorizza un giovane in Austria… per poi portarlo in Bundesliga e, spesso, monetizzare con la vendita finale.
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E la Roma?
Negli ultimi giorni si parla di una possibile sinergia tra Roma ed Everton, due club che sembrerebbero orbitare attorno a interessi comuni. Nulla di ufficiale, per ora. Ma in un calcio in cui i grandi fondi di investimento stanno cambiando le regole del gioco, ipotizzare una forma di collaborazione tra club di proprietà simile non è affatto assurdo.
📊 Le sinergie funzionano, quando gestite con una visione chiara. L’importante è capire chi guida e chi segue, chi investe e chi valorizza. In altre parole: chi è la “succursale” di chi?
Questo è un tema delicato, soprattutto per i tifosi. In una piazza come Roma, giustamente ambiziosa e passionale, nessuno accetterebbe di essere ridotto a “vetrina” per altri. Ma se la sinergia dovesse portare vantaggi concreti – tecnici ed economici – allora il discorso cambia.
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In conclusione
Il calcio moderno si gioca sempre più fuori dal campo. E le alleanze strategiche tra club, che un tempo sembravano sospette, oggi fanno parte del gioco. La vera sfida sarà capire se la Roma potrà trarne vantaggio, senza mai perdere la propria identità.
Perché la Roma è di chi la ama. E non può essere la seconda squadra di nessuno.




