Sfogo De Rossi: “Esonero voluto da chi oggi non c’è più e non ha lavorato per il bene della Roma”

de rossi esonero

Daniele De Rossi si racconta al Corriere della Sera: il sogno interrotto, il dolore per l’esonero, il futuro e un attacco durissimo alla burocrazia del calcio italiano

Daniele De Rossi torna a parlare. E lo fa senza filtri, tra il rimpianto di un’occasione svanita troppo presto e l’orgoglio di aver seduto sulla panchina della sua Roma, anche solo per quattro partite. Un’avventura “bruscamente interrotta”, come lui stesso la definisce, che avrebbe dovuto essere un viaggio di lunga durata. “Avevamo un progetto fino al 2027, l’anno del centenario. E invece…”.

Un sogno svanito troppo in fretta, senza i tempi né le condizioni per decollare. “Il mercato era aperto, la squadra era ancora da costruire, il ritiro l’avevamo fatto con 16 ragazzi della Primavera”, spiega De Rossi, che però non rinnega nulla: “Porto con me l’onore di averla allenata e la voglia, un giorno, di poterci riprovare”.

“I Friedkin? Li ringrazio, ma qualcuno ha lavorato contro la Roma”

Nel mirino dell’ex numero 16 anche la gestione societaria dell’esonero: “Avrei voluto un confronto diretto prima della decisione. E forse avrei dovuto alzare più spesso il telefono. Ma la scelta è stata anche indirizzata da chi oggi non c’è più e non ha lavorato per il bene della Roma”.

Non è un mistero che l’addio precoce alla panchina romanista abbia provocato una ferita profonda: Per mesi non riuscivo nemmeno a guardare la Roma in TV. Era come vedere la donna che ami con un altro”. Ma il tempo ha fatto il suo corso: “Ora sono tornato a tifare e a gioire per la squadra. Vederla così bella contro il Bilbao è stata un’emozione fortissima. Mi sarebbe piaciuto esserci, là in mezzo a quel mare di bandiere giallorosse”.

“Il sistema è sbagliato. In Italia la burocrazia uccide anche il calcio”

Poi De Rossi si fa politico, con una critica dura alle regole che governano il calcio italiano: “La norma che impedisce a un allenatore esonerato dopo poche partite di potersi rimettere subito in gioco è assurda. Così come lo è il percorso per diventare allenatore, un Everest che solo chi ha giocato può scalare”.

E non manca un attacco al sistema stadi: “A Roma si rischia di bloccare un progetto da un miliardo per salvare quattro alberi. Tor di Valle saltò per una tribunetta fatiscente abitata dai topi. Il progetto sul Flaminio di Lotito trova ostacoli assurdi. Tutto questo è follia. E intanto, nel mondo, anche i paesi più piccoli ci superano per infrastrutture”.

REDAZIONE

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