Eccellenti rifiuti, idee confuse o scetticismo diffuso?
Che la nostra amata Roma abbia perso il suo appleal perché schiava di una società acclaratamente inaffidabile? Che le velleità siano tuttora alte ma i candidati mirino a realtà più solide o meglio avviate su una strada si crescita e successi? Che le idee, seppur siano trascorsi ormai 5 anni e le esperienze maturate siano tante ed eclatanti, siano ancora poco chiare? Nessuno ha realmente capito cosa accada nel ‘cervellone’ societario giallorosso. Tifosi e addetti ai lavori sono persi in un dedalo di indizi contrastanti e di faticosi quanto spesso inutili, minuziosi, studi di rituali e cicliche manovre. Appesi a dichiarazioni che paventano una certezza immediatamente spazzata via da ‘non fatti’ e da dichiarazioni che buttano giù un castello di carte dietro l’altro. Nella giostra dei nomi, la slot machine sembra essersi fermata su quello di Cesc Fàbregas. Peccato che il Como paia tutt’altro che propenso a liberarlo e che l’atteggiamento dello spagnolo non sia esattamente quello del più motivato dei pretendenti alla corona. La riflessione sorge spontanea: se un tecnico della cui riuscita, per incroci di casistiche e negative esperienze tutte romaniste, è già dato per scontato il fallimento dalla stragrande maggior parte della piazza, non mostra la minima volontà di applicarsi per cambiare la sua attuale condizione di allenatore/azionista in virtù di un deciso desiderio di approdare a Roma, con quale fiducia dobbiamo sperare in altre, più rosee, piste? Qui non è più un fatto di semplice per quanto assurda, perenne segretezza ad oltranza. Lo scetticismo e la preoccupazione per le sorti della Roma crescono in maniera ingravescente di ora in ora.
Se Fàbregas e i suoi nodi sono il piano A, qualcuno ci salvi dal piano B.
