Roma, lo stadio dei sogni prende forma: ma l’obiettivo centenario è (quasi) impossibile

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Dopo mesi di confronti, manifestazioni e rinvii, la Roma ha deciso di rompere gli indugi. Sono finalmente state svelate le prime immagini ufficiali del nuovo stadio giallorosso, un impianto da 60.000 posti pensato come cuore di un’area completamente riqualificata. A colpire non è solo la struttura in sé, ma il contesto in cui sarà immersa: nove ettari di verde pubblico, aree attrezzate per bambini e adulti, percorsi pedonali, circuiti fitness e ben 819 nuovi alberi. Un progetto che prova a essere non solo sportivo, ma anche sociale, ambientale e urbanistico.

Eppure, proprio mentre il sogno prende una forma visibile, i tempi sembrano allontanarsi. La presentazione del progetto definitivo, inizialmente attesa per la scorsa primavera, slitterà con tutta probabilità tra settembre e ottobre. Colpa – o merito – delle indagini archeologiche, che ripartiranno a luglio e richiederanno almeno tre mesi di lavoro, salvo complicazioni. Una nuova tabella di marcia che rischia di compromettere l’obiettivo simbolico: tagliare il nastro dell’impianto nel 2027, anno del centenario del club.

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A guidare questa fase cruciale sarà Lucia Bernabè, nuova responsabile della “partita stadio”, subentrata a Lorenzo Vitali. Figura più dialogante e solida sul piano istituzionale, Bernabè avrà come braccio operativo Jason Morrow, manager americano fedelissimo dei Friedkin. Un tandem chiamato a sciogliere i nodi ancora presenti e a reggere la pressione di un progetto tanto ambizioso quanto fragile.

Nel frattempo, dal Campidoglio arrivano segnali di collaborazione concreta. L’assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia ha annunciato il ritorno nelle mani del Comune di un’area abusivamente occupata da oltre trent’anni da un autodemolitore: uno snodo fondamentale per proseguire con gli scavi e restituire alla città un pezzo di spazio pubblico da troppo tempo sottratto alla collettività.

Lo stadio a Pietralata resta una sfida epocale. Non solo per la Roma, ma per l’intera città. Un’opera che, se andrà in porto, non porterà solo cemento e tribune, ma una trasformazione urbana capace – nelle intenzioni – di far rinascere una periferia e riscrivere la geografia del tifo e della cittadinanza. Il sogno è vivo. Ma il conto alla rovescia, quello vero, non è ancora partito.

REDAZIONE

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