La Roma non può restare ostaggio dei capricci

Fonte: Instagram Jadon Sancho

È la solita storia: promesse, viaggi a Londra, accordi sfiorati, e alla fine un nulla di fatto. Il tormentone Sancho rischia di diventare il primo vero autogol della nuova Roma di Gasperini e Massara. Perché a furia di rincorrere un giocatore che non ha mai mostrato vero entusiasmo per venire a Trigoria, i giallorossi si sono fatti imbrigliare in una trattativa che sa più di melina che di strategia.

Gasperini, l’allenatore innamorato

Il tecnico ha le idee chiare: Sancho è l’uomo giusto per il suo calcio, lo vuole, lo pretende. E ogni volta ribadisce la stessa frase: “Non ha mai detto no alla Roma”. Ma a forza di insistere su questa sottigliezza, Gasp rischia di passare per un innamorato che non si arrende, anche davanti all’evidenza. Perché la verità è che Sancho non ha mai detto “sì”, e questo, a Trigoria, dovrebbe bastare per voltare pagina.

Massara, il pompiere che spegne i sogni

Massara, dal canto suo, prova a fare il pompiere: ha parlato di mancanza di motivazioni, di condizioni non ideali. In parte ha ragione: un dirigente deve fiutare l’aria e capire quando un affare è perso. Ma il problema è che intanto i giorni passano, la stagione comincia, e la Roma resta senza l’esterno chiesto a gran voce dal suo allenatore. Se la strategia era prendere tempo, non funziona. Se invece era quella di credere fino all’ultimo a Sancho, allora il rischio è di aver buttato via un mese.

Il vero errore di Massara

E qui arriva il punto: un direttore sportivo non può limitarsi a fare il pompiere. Il suo compito non è solo dire “attenzione, forse non si fa”, ma avere già pronto un piano B concreto, serio e immediato. Non ci si può permettere di arrivare a fine agosto senza alternative forti sul tavolo. Il mercato non aspetta, e dare l’impressione di restare ostaggi di un unico obiettivo è il peggior messaggio possibile per la piazza. Un dirigente esperto come Massara questo dovrebbe saperlo: i grandi club non restano mai senza rete di sicurezza.

Parliamoci chiaro: Jadon Sancho è un lusso. Uno di quei giocatori che accettano certe destinazioni solo se non hanno alternative migliori. E allora la domanda è: la Roma può permettersi di aspettare i capricci di chi vede il giallorosso come una seconda o terza scelta? Forse no. Forse sarebbe stato meglio puntare subito su nomi più concreti, magari meno scintillanti ma più motivati.

George, l’alibi dei giovani

Ed eccoci al piano B: Tyrique George, 19 anni, Chelsea. Giovane interessante, sì, ma anche un chiaro segnale: si passa dal sogno Sancho a un ragazzo che deve ancora dimostrare tutto. Non è il rinforzo che sposta gli equilibri, è l’alibi del “costruiamo per il futuro”. Un modo elegante per dire: “Sancho non è arrivato, ma abbiamo preso un prospetto”.

Roma, serve coraggio

Il caso Sancho fotografa bene il momento della Roma: una società che oscilla tra i sogni dell’allenatore e la prudenza del direttore sportivo, senza prendere una decisione netta. Il risultato? Tempo perso, energie sprecate e una sensazione di incertezza che rischia di minare l’entusiasmo di inizio stagione.

Se davvero questa Roma vuole crescere, deve imparare a smettere di vivere di illusioni estive e a imporsi sul mercato con scelte chiare e coraggiose. Perché altrimenti resteremo sempre qui, a raccontare l’ennesima “telenovela”, forse, finita con un nulla di fatto.

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