ESCLUSIVA Tele Radio Stereo – Paolillo: “Gasp è duro ma sa il suo mestiere. Friedkin? Delusi dallo stadio. Il FFP funziona, ma manca uniformità nelle sanzioni”

Ernesto Paolillo, ex dirigente dell’Inter ed ex Presidente dell’ECA, uno dei ‘padri fondatori’ del Fair Play Finanziario, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Tele Radio Stereo 92.7. Queste le sue parole:

Anche quest’anno entro il 30 giugno la Roma dovrà rientrare nei paletti del Settlement Agreement: ci aiuta a capire?
Il rientro nei parametri non riguarda solo la Roma, c’è un lungo elenco di società che purtroppo devono rientrarvi. Le regole sono in vigore da tanto tempo, occorreva già da prima più attenzione e più rigore. La scadenza del 30 giugno riguarda il Settlement Agreement, un impegno tra club e UEFA, un piano di rientro. Ma sono tante le società che hanno firmato il Settlement Agreement e devono fare questo controllo“.

Perché ci sono squadre a cui sembra essere concesso di derogare al Fair Play Finanziario, soprattutto alle big europee?
Questo è un tasto dolente e mi fa arrabbiare. Quando abbiamo scritto le regole dovevano essere uguali per tutti e lo sono finché non scattano le sanzioni. Psg, Manchester City e altre più che altro eludono le regole e ci si è tappati occhi e orecchie. Il classico caso di elusione avviene quando una squadra non rientra nei parametri perché non ha ricavi e a quel punto ci si inventa sponsorizzazioni: sono gli stessi proprietari a sponsorizzare il proprio club con altre aziende proprie“.

Non fare queste elusioni, come la Roma, significa rispettare l’UEFA?
Sì, assolutamente, rispettare le regole e la UEFA. Ma non si tratta di alcuna captatio benevolentiae, c’è semplicemente la volontà di rispettare le regole. Sono le società che fanno le elusioni che andrebbero sanzionate, ma c’è una sorta di paura a sanzionare le società che spendono tanto nel mondo del calcio. Da quello che ho sentito e da quello che vedo vengono considerati grandi investitori e quindi vengono difesi, ma così non è giusto: devono stare alle regole come tutti gli altri“.

Quale è il suo bilancio del progetto Fair Play Finanziario?
Il Fair Play è promosso: non ci sono più debiti non pagati tra squadre o crisi d’insolvenza. L’unica crisi deriva dal fatto che spendi troppo. Il problema non è la regola del FPF, il problema è la sanzione. Se non uniformano le sanzioni allora le cose non vanno bene“.

Che cosa ne pensa del Mondiale per Club?
Parliamoci chiaramente: è stata una scelta anche pubblicitaria per la FIFA, per andare a far cassa in giro per il mondo e in questo caso negli USA. Hanno usato dei criteri magari opinabili, ma la finalità era mettere in gara un po’ tutte le Nazioni e il club che ne fanno parte. Non sono d’accordo né a questo campionato né al format: per far cassa si stressano i giocatori e non vediamo spettacoli tali che possano incantare gli spettatori. Le vere competizioni, insomma, sono altre“.

Che sensazione ha, da fuori, della Roma e della famiglia Friedkin?
Ho sempre avuto una simpatia per la Roma e mi onoro del fatto che quando la Roma ha vinto la Coppa Italia a San Siro abbiamo fatto mettere l’inno, era giusto così. Avevo grande stima e simpatia di Rosella Sensi, è una famiglia che ha dato tutto al calcio, purtroppo magari fino a pagarne le conseguenze. Ho sempre avuto la passione per i settori giovanili, per fare plusvalenze sane e serie serve il settore giovanile. E il settore giovanile è fantastico, credetemi. Bene ha fatto la Roma a prendere Gasperini, che ha sempre lavorato bene all’Atalanta con i giovani. Mi sembra che i Friedkin siano rimasti tanto delusi dal fatto che il loro progetto stadio non si sia ancora riuscito a fare: è una vergogna tutta italiana. Senza lo stadio non ci sono i ricavi e salta buona parte del progetto, tutte le attività che si possono fare in uno stadio alzano il livello dell’essere competitivi anche nei confronti delle squadre estere. Roma merita molto, la colpa non è dei Friedkin“.

Lei a conosciuto Gasperini all’epoca dell’Inter: perché fallì e perché a Roma potrebbe far bene?
Gasperini sa lavorare bene con i giovani. Allora aveva una metodologia che sembrava di pochi ma che oggi viene imitata da tutti. Ha avuto la sfortuna di arrivare nell’Inter in un’epoca in cui i giocatori erano abituati alla difesa a quattro, con cui avevano vinto tutto, e alle caratteristiche della difesa a quattro, che è meno dispendiosa. Non sono riusciti ad adeguarsi, anche a causa dell’età, a capire la mentalità di Gasperini e la sua idea di difesa a tre. Non c’è stata la pazienza di aprire un nuovo ciclo con Gasperini, si voleva vincere subito e lui purtroppo ne ha fatto le spese: mi è dispiaciuto molto, lo sa“.

Che carattere ha Gasperini?
E’ una persona che sa il suo mestiere, sa che bisogna lavorare sodo. Ogni giocatore è diverso dall’altro e sa che deve imporre disciplina e farsi rispettare. E’ un carattere duro, ma è quello che ci vuole: è molto bravo“.

Le piace la triade Massara-Gasperini-Ranieri?
Moltissimo. La parte sportiva è perfetta. Manca, a mio avviso, ancora un tassello nella società: occorre che tutta la parte organizzativa-societaria abbia un tassello pesante“.

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