C’è un dato che colpisce chi analizza con attenzione la carriera di Bryan Cristante: non è la quantità di gol né la qualità delle giocate spettacolari, ma la sua presenza costante. Da quando è approdato in Serie A, Cristante non è quasi mai stato un comprimario. Ha sempre giocato, indipendentemente dal contesto tattico, dal modulo o dal carattere dell’allenatore. Nel Benfica, poi nell’Atalanta di Gasperini dove è esploso, poi nella Roma. Fonseca, Ranieri, Mourinho, De Rossi, Juric e ora nuovamente il Gasp: allenatori diversi, sistemi diversi, principi diversi. Ma lo stesso perno in mezzo. Perché Cristante non entra “nel” sistema: lo stabilizza.
Si dice spesso che Cristante sia “duttile”, ma la duttilità non spiega davvero la sua funzione. Il punto non è che può giocare in più ruoli: è che lo fa senza alterare l’equilibrio della squadra. Interpreta da mediano, mezzala, trequartista o centrale difensivo con lo stesso principio: dare continuità tra le fasi. Questa è la sua cifra: non frammenta il gioco, lo collega.
Il Cristante difensore: l’intelligenza applicata alle emergenze
Nel periodo Fonseca e poi sotto Mourinho, la Roma ha spesso perso Smalling per lunghi tratti. In quel contesto, schierato costantentemente da mediano di interdizione, Cristante è stato arretrato stabilmente in difesa, non come soluzione estemporanea, ma come chiave di uscita qualitativa, verticale e sicura. Ha difeso leggendo, non rincorrendo. Ha gestito la profondità, ordinato le uscite, impostato con calma. È stata una fase in cui ha dimostrato che la sua identità non è vincolata alla posizione, ma all’interpretazione del gioco. Non ha “coperto un buco”: ha dato forma a una linea nuova.
Il Cristante attuale: dal mediano al trequartista funzionale
Con Gasperini, l’evoluzione sta vivendo un altro capitolo. Nella Roma attuale, Cristante parte inzialmente come mediano di riferimento accanto a Manu Koné: è quello che dà ordine al primo possesso e chiude le seconde palle. Ma dalla gara contro la Fiorentina in poi, un po’ per necessità e un po’ per disperazione, la sua posizione media è stata alzata di venti metri, trasformandolo di fatto in un trequartista di inserimento nell’ultimo terzo di campo.
Non è avanzato per fare rifinitura alla Dybala, né per agire da mezzapunta classica. Quando gioca da trequartista la sua funzione è più sporca e più decisiva: ricevere spalle alla porta, spizzare il pallone, fare da torre, proteggere palla, giocare la sponda, dare appoggio verticale e occupare l’area nel tempo giusto. È grazie a lui che la Roma ha cominciato a costruire una fase offensiva più stabile, nonostante l’evanescenza offensiva di Dovbyk e Ferguson o la scelta di Dybala come prima punta “anomala”.
Cristante, nell’arco di pochi minuti, è diventato la cerniera che permette alla squadra di risalire il campo senza perdere compattezza, l’uomo che spezza la pressione e rende gli attacchi ragionati anche senza un riferimento fisso da area. La Roma ha cambiato volto non perché è diventata più brillante davanti, ma perché ha finalmente trovato una connessione tra la costruzione e la rifinitura. Quella connessione è Cristante.
Perché Cristante gioca sempre, a prescindere dalla posizione
Il motivo è semplice: quando c’è, la squadra ha acquisisce un senso. Le distanze sono coerenti, i reparti comunicano, la transizione non si spezza. Gli altri possono rischiare, muoversi, inventare. Lui tiene insieme. Non è appariscente, è determinante. Altri giocatori si vedono, magari brillano a intermittenza, Cristante si sente nell’arco di tutti i 90 minuti e ha un peso specifico che fa da sottotraccia a tutta la struttura su cui si fonda questa Roma. E in un calcio dove l’equilibrio è ciò che permette alle idee di funzionare, questo è il valore più raro che si possa avere in campo.



