Associare la parola "miglioramento" alla settimana in corso può apparire esercizio ardito. Ma nemmeno gli ultimi rovinosi capitomboli possono cancellare i numeri messi in fila dalla Roma finora. Al bottino accumulato in questo girone d'andata manca un punto per raggiungere quello della stagione precedente. Anzi, a dirla tutta il risultato dell'anno scorso (quota 35) è già stato eguagliato sul campo. Ma la classifica attuale risente del famigerato punto perso a tavolino, tema tornato amaramente d'attualità dopo le vicende delle ultime ore. E su quel match di Verona, il primo del 2020-21, pende ancora la decisione della Corte di giustizia del Coni, che potrebbe reintegrare la mancanza. Sentenza che comunque non arriverà prima del prossimo mese.

 

 

 

Ma già sabato la rivincita con lo Spezia potrebbe far salire la Roma a 37. E nella peggiore delle ipotesi (simultanea vittoria dei concorrenti) a farle conservare il terzo posto in coabitazione con il Napoli. Non è accaduto spesso negli ultimi dodici anni, quelli in cui è mancato un trofeo a questa squadra. In sole quattro occasioni si è fatto meglio e soltanto Garcia e Spalletti sono riusciti a scavallare la fatidica quota 40 al giro di boa. Ma i risultati più ricorrenti sono stati di gran lunga inferiori a quello in corso.

 

A partire dalla prima delle stagioni prese in esame, che è anche l'ultima del primo ciclo spallettiano (a parte la breve parentesi delle due giornate del 2009-10). Col toscano ormai prossimo a concludere la sua avventura nella Capitale, i giallorossi chiudono a 30 punti, grazie a una straordinaria rovesciata di Julio Baptista nell'ultima in casa del Torino. La proiezione è bassina rispetto ai ritmi tenuti nelle tre stagioni con "Lucio", chiuse tutte con la piazza d'onore del torneo: alla fine i punti saranno 63 e l'ottava posizione dell'andata diventerà la sesta, appena sufficiente per accedere ai preliminari di Europa League.

La stagione successiva Spalletti dà le dimissioni dopo due sconfitte nelle giornate iniziali e al suo posto arriva Ranieri. L'epilogo di quella stagione rientra nella categoria "miracoli sfiorati", ma l'inizio è balbettante e l'andata si chiude a 32 punti, al quinto posto. Un andamento ribadito però dal tecnico testaccino anche nell'annata cominciata direttamente. Purtroppo quello che non si ripete è il ritorno: altre dimissioni, subentra Montella, che non va oltre i 63 punti.

 

Comincia l'era a stelle e strisce e si cambia di nuovo: in panchina c'è Luis Enrique, alla guida di una squadra di giovani, con Totti a fungere da chioccia. Ed è proprio il Dieci a mettere la - doppia - firma sull'ultima del girone (5-1 al Cesena), gol che gli permettono di centrare l'ennesimo record e superare Nordhal in cima alla graduatoria dei bomber con una sola maglia. Ma i risultati collettivi sono ancora deficitari e ai 31 punti delle prime diciannove giornate, corrispondono i 56 finali, che significano settima posizione.

La stagione dopo, altro giro altra corsa: tocca a Zeman, ma le cose non migliorano. Al giro di boa si arriva con l'ennesima goleada subita (1-4 a Napoli) e 32 punti. Questa volta le dimissioni non arrivano e ci pensa la società a esonerare dopo un inizio del girone di ritorno anche peggiore. Ma la classifica finale recita sesto posto, a 62.

Tutto cambia con l'avvento di Rudi Garcia: le dieci vittorie consecutive lanciano la Roma nella stratosfera, dove però arriva pure la Juve di Conte, che approfitta delle (rare) pause giallorosse. Ma si può chiedere poco di più rispetto ai 44 punti dell'andata (record tuttora imbattuto) e agli 85 finali.

 

La seconda stagione del francese comincia ancora forte: 41 lunghezze a fine girone. Ma finisce col fiato corto e soltanto un memorabile derby firmato Yanga-Mbiwa evita di cedere il secondo posto, sia pure a quota 70.

L'andamento si capovolge nella terza versione di Garcia, chiusa con l'andata a 34, che gli costa la panchina. Torna Spalletti, che con una marcia strepitosa arriva a 80 a fine anno, sfiorando il secondo posto e conquistando comunque un podio impensabile. Cammino perfino migliorato nel 2016-17, con 41 punti a metà stagione e ben 87 alla fine, a sole 4 lunghezze dal titolo.

 

Tocca a Di Francesco: 40 punti che diventano 77 alla fine, col terzo posto. Ma l'anno dopo è un disastro e i 30 punti alla boa sono prologo dell'esonero: stavolta però Ranieri non si ripete e non si va oltre i 66. Poi tocca a Fonseca: regolarissimo, pure troppo, nella stagione d'esordio, con 35 punti a girone e il quinto posto finale. Ma ora in grado di mettere la freccia su se stesso.