Era diventato un mago delle plusvalenze, l’allora boss dell’area tecnica Fabio Paratici, ma pure gli altri non scherzavano, secondo gli investigatori: «Lì ormai son diventati talmente esperti a fare i trucchetti», dice al telefono l’ad Maurizio Arrivabene, parlando dell’area finanza Juve. Frasi «illuminanti», chiosano il procuratore aggiunto Marco Gianoglio e i pm Mario Bendoni e Ciro Santoriello, che coordinano l’inchiesta sui conti bianconeri. Insomma, non c’era solo la griffe di Paratici dietro l’abuso della plusvalenze: «Si è trattato di una decisione aziendale complessiva, imposta e condivisa dai vertici», scrivono i magistrati, nella richiesta di misure (respinta dal gip a fine ottobre, per difetto di esigenze cautelari). «Non è che Paratici si svegliava la mattina e diceva: oggi voglio fare una bella plusvalenza!», sbottò lui stesso.


 

Tutti sapevano — sottolinea la Procura — a partire dal presidente bianconero: «Le “manovre correttive” in questione, tuttavia, sono “manovre illecite” e Agnelli è pienamente consapevole di questo». La situazione contabile del club arrivò anche all’orecchio di John Elkann (non indagato), con il quale Agnelli parlò al telefono: «L’azionista di maggioranza — commentano i pm — nelle persone del legale rappresentante Elkann o dei dirigenti di volta in volta interessati, appare pienamente a conoscenza delle problematiche finanziarie della Juventus e, soprattutto, delle manovre correttive (in particolare, plusvalenze), studiate al fine di “alleggerire” i bilanci e al fine di consentire la permanenza “sul mercato” di Juventus senza la perdita dei “pezzi pregiati”». I grandi giocatori, insomma.

 
 

Secondo gli inquirenti, le plusvalenze furono scientemente utilizzare per puntellare i conti: «Le indagini condotte nonché quelle fatte dalla Consob hanno dimostrato in maniera chiara e incontrovertibile che, pur a fronte della stipula formale di due contratti separati (circostanza imposta dalle norme dell’ordinamento sportivo), le operazioni contestate sono “scambi”, permute a tutti gli effetti». E per questo — è la tesi d’accusa, contestata dalla Juve — andavano registrate seguendo determinati principi contabili.

Dopodiché, sulle plusvalenze, il gip ha espresso dubbi «relativi alla sussistenza del dolo richiesto». Di diverso avviso, sulle manovre stipendi: «Certamente illecite e in relazione alle quali si condivide con la pubblica accusa la sussistenza di gravi indizi». Fatto sta che — per gli accertamenti contabili svolti dal consulente tecnico della Procura — «l’impatto delle condotte illecite appare di rilievo allarmante». Al punto che — sostengono i pm — con le rettifiche apportate, «in ben due esercizi su tre» (2018/19 e 20/21) la Juve avrebbe avuto «un patrimonio netto negativo». Morale (d’accusa): «Juventus non avrebbe potuto operare negli esercizi in discorso, né essere quotata in Borsa». Delle plusvalenze pare si fosse scocciato pure Massimiliano Allegri, nell’estate 2021: «Il mercato di oggi è quello vero, dove uno va a comprare il giocatore che gli serve. Il mercato dell’anno scorso era solo plusvalenze (...) e quindi era un mercato del c.».